SANT’AGATA "DE PETRA"
La chiesa e la reliquia
La piccola chiesa di Sant’Agata “la pedata” viene chiamata nei documenti medievali “de petra”, cioè “della pietra”, con chiara allusione alla particolare reliquia che vi si conserva.
Secondo un’antica tradizione agiografica, quando la Santa si reca da Palermo a Catania per subire il processo, fermatasi alle porte della città per allacciarsi un sandalo, lascia impressa un’orma sulla pietra. Secondo un’altra tradizione, da quel sasso sarebbe salita a cavallo per partire.
Questa pietra è nota fin dal Medioevo come “lapis Sanctae Agathae” (= Pietra di Sant’Agata): il primo documento che la cita espressamente è del 1261, ma di certo da molto più tempo tutta la zona, allora periferia, prendeva il nome da questa sacra presenza.
A Palermo vi erano ben tre chiese dedicate alla martire, ma questa veniva considerata la più antica: infatti, secondo alcuni studiosi il suo primo impianto sarebbe del sec. VI – VII. Si trovava “extra urbem” (= fuori città), tanto che un altro nome della chiesa era “S. Agata de porta” (= della porta), con riferimento alla vicina Porta S. Agata, tuttora esistente, che collegava l’antica città fortificata alla campagna, in direzione del Monastero di Santo Spirito (oggi nel cimitero di S. Orsola). Lo storico Fazello racconta un celebre episodio: durante l’assedio dei Normanni alla città araba (1071), un cavaliere normanno, per incoraggiare i compagni, avrebbe attraversato una zona nemica vicina alle mura entrando da Porta Mazara e uscendo proprio da Porta S. Agata.
Nel sec. XIII porta e chiesa davano il nome all’intero quartiere e nel mese di Febbraio si celebrava una sentita e conivolgente festa patronale.
Nel 1575 la chiesa è concessa alle maestranze dei fabbri, mugnai e calderai; nel 1624 essi la cedono ai Padri Mercedari Scalzi che però, dopo poco, l’abbandonano, per la mancanza di acqua dai pozzi e la presenza di “aria cattiva”. Nel 1663 i Padri Agostiniani Riformati della Congregazione di S. Adriano, uniti a quella di Centorbi, ottengono l’uso della chiesa, che ingrandiscono e a cui aggregano anche un convento.
Ancora oggi si trova, in fondo all’unica navata laterale, l’altare dedicato alla Martire Agata: la nicchia racchiude una statua di legno policromo del sec. XVIII; sotto l’altare è ben visibile la grossa pietra con l’incavo dell’orma nella parte superiore. Fino al secolo XIX era presente una epigrafe di marmo che sormontava l’arco della Cappella di S. Agata, che recitava:
Quisquis hic ades, sive hospes Panormi sive cives, agnosce Panormitanae Agatae Virginis integerr. et invictis. Martiris impressum divinitus in silice hac dura vestigium sempiternumque suae patriae monumentum ab optima cive Catanam hinc accitu Quintiani Sicilia Praesidis discendente traditum anno salutis 253 recole ac venerare, et cui mollita sunt saxa molle cor liquetur in lacrimas, nec minus illae proderunt, quam oleum hinc olim effusum ad miracula.
La pietra calcarea, infatti, nell’antichità trasudava un olio miracoloso, che veniva effuso in particolare nel giorno della Santa.
Francesca Paola Massara